Calano ancora gli investimenti stranieri nel nostro paese
|E’ meglio avere investimenti stranieri in Italia o difendere i gloriosi marchi dall’invasione straniera? Ogni giorno sentiamo politici ed economisti che si lamentano dell’una e dell’altra cosa, come se il mercato da solo non determinasse già quale sia la migliore. Ed è meglio ovviamente che si abbiano opportunità e che gli stranieri arrivino con molti soldi, esattamente come le nostre migliori aziende penetrano i mercati stranieri.
I dati che arrivano dagli osservatori indipendenti fanno però tremare: gli investimenti stranieri continuano a calare, con un trend negativo che non diminuisce dal 2007, ultimo anno prima della lunga crisi. Rispetto a 6 anni fa il calo complessivo è stato del 58%, una cifra esorbitante che non spiega tutto, se non pensiamo a quanti capitali sono mancati, quanti investimenti, quanti posti di lavoro, connessi e collegati.
Una cifra spaventosa che non è bilanciata affatto dalla nostra competitività , la crisi non è finita, e forse questo è il segnale più rassicurante, in termini negativi, del fatto che ancora siamo lontani dalla ripresa. A questo dato si lega lo scivolamento all’ottavo posto della graduatoria mondiale delle nazioni più manifatturiere, sempre secondi in Europa, ma con l’acqua alla gola. Le analisi sui blog di economia, gli interventi degli editorialisti, le polemiche quotidiane dei politici non spiegano bene quanto è successo e quanto stiamo faticando a venire fuori da una fanghiglia che ha incastrato le ruote del paese.
Può essere confortante il dato che ultimamente siamo rientrati nel novero delle 25 nazioni sulle quali si è investito di più, eravamo fuori dalla lista dal 2006, ma siamo indietro a Germania e Regno Unito e stiamo sempre più retrocedendo nella speciale graduatoria che analizza la capacità di attrazione della nostra economia. Questa classificazione tiene conto di ordinate particolari, che rendono semplici e invitanti gli investimenti di capitale in un paese.
Cosa guarda un investitore prima di portare i suoi soldi in Italia? Si parte da cose estremamente semplici, come l’allaccio della corrente elettrica e della linea internet, fino al contenzioso civile riguardante un contratto relativo all’attività svolta. In mezzo ci stanno i rapporti coi sindacati, la flessibilità delle leggi sull’occupazione, il livello di corruzione delle amministrazioni locali, la concessione di licenze e permessi e i rapporti con la Pubblica Amministrazione. In questi fondamentali siamo particolarmente indietro. Se pensiamo che nonostante tutto siamo ancora al vertice delle nazioni più industrializzate, il 65° posto dovrebbe far riflettere. E appunto far tremare i polsi.
Il nostro paese gode di una reputazione discreta, ma l’immagine sembra essere compromessa: non aiutano i continui terremoti politici e l’intero quadro, molto svincolato da partiti consolidati, e più ancorato a personalità forti, come se fossimo alla ricerca di una nuova speranza, non invita gli stranieri a fare scelte definitive per il futuro. Anche perché gli attori politici sono divisi su tutto, ma non riescono a trovare una ricetta comune per venire fuori dalla crisi. Siamo ancora un punto di riferimento per l’export, sfruttando la nostra potente industria di trasformazione, che ci fa tenere il passo con le big asiatiche e americane. Il turismo va bene nonostante tutto, ma ogni settore appare privato dell’ossigeno necessario per andare al di là della tradizionale boccata salvavita.