Nella Parigi medievale era il rifugio dei mendicanti: ecco cosa c’è da sapere sulla Corte dei Miracoli
|Durante il periodo medievale molta gente era per di più povera, c’era poco lavoro ed era anche malpagato, inoltre durante quel periodo a Parigi erano arrivati molti nomadi e zingari che chiedevano asilo alla città per restare per un periodo di tempo corto oppure lungo.
Durante il giorno questi gitani si guadagnavano da vivere esibendosi ballando, facendo spettacoli per bambini e adulti oppure facendo l’elemosina, e di notte si rifugiavano nelle varie Corte dei Miracoli, ovvero dei sobborghi nella città nascosti dove si viveva nella povertà assoluta ma anche in mezzo ai ladri ed assassini.
Vediamo più nel dettaglio cosa sono questi rifugi e perché sono così famosi.
Cosa c’è da sapere sulla Corte dei Miracoli?
Esse sono famose nel nostro ventunesimo secolo solo grazie ad uno spettacolo musical preso da un libro di uno scrittore francese che a soli 29 anni scrisse una leggenda intorno alla famosa Cattedrale di Notre Dame per salvarla dal restauro gotico che ai francesi non piaceva più.
Fu Victor Hugo il giovane autore a scrivere di una di queste Corte dei Miracoli dove tutti i gitani ed egiziani (= I francesi li chiamavano così perché pensavano venissero dall’Egitto) vivevano ed avevano regole tutte loro.
In questa Corte dei Miracoli viveva la bellissima zingara Esmeralda, varie volte oggetto di vera ossessione da parte di alcuni protagonisti del racconto come l’arcidiacono Claude Frollo; nel libro è presente anche un rituale di matrimonio che viene fatto dal capo dei gitani chiamato Clopin Trouillefou, fratello di Esmeralda che, per salvare la vita ad un poeta, decide di sposarlo.
Il rituale non è celebrato in chiesa ma si basa sia sulla promessa a voce che dall’usanza del vaso, ovvero entrambi dovevano far cadere a terra e rompere un vaso, a seconda di quanti pezzi si rompeva questo oggetto dovevano restare sposati per il numero dei cocci. Questo è solo un esempio di come, forse, si comportavano gli zingari nella loro “zona di appartenenza”.
Inoltre questi quartieri esistevano veramente nella Parigi medievale ed erano temute dai parigini perché se si capitava per sbaglio si veniva rapiti e rubati di tutto quello che si aveva nelle tasche, e poi si veniva puniti perché non si apparteneva al loro popolo e quindi la massima colpa di chi per loro era straniero era che li avevi trovati.
Lo facevano per la loro sicurezza per non essere cacciati dalle guardie della città , per questo preferivano non avere testimoni. Una cosa da dire per il nome di questi rioni, si chiamava così perché durante la notte molti mendicanti che facevano l’elemosina, che mostravano delle infermità fisiche, di notte “guarivano” e si rifugiavano in questi luoghi aspettando il giorno.
Inoltre la legge lì era quella dell’incontrario: chi era il più miserabile e povero veniva considerato il più ricco ed il più potente e si seguiva una gerarchia che partiva dal meno povero a quello con più soldi guadagnati durante il giorno che doveva stare molto attento.
Nel suo libro Hugo parla di una Corte dei Miracoli, mentre nella realtà storica ce n’erano molte in diversi punti della città , per scrivere quella del suo racconto prese ispirazione da quella più famosa che era nei pressi di rue Réaumur e rue du Caire, ora è presente il II arrondissement di Parigi che era presente durante il regno di Luigi XI.
All’epoca si diceva che in questi posti ci abitassero più di 5000 persone, ed era un grave danno per la città di Parigi perché avevano paura che prima o poi avrebbero superato gli abitanti ed avrebbero preso il controllo della loro città .
Durante il 1660 furono presi dei provvedimenti per liberare questi luoghi con scarso successo, da qui capirono quanto erano in realtà forti e potenti gli zingari di Parig e dopo 7 anni nacque la polizia di Parigi.
Nel 1668 il re ordinò l’evacuazione ordinando anche di impiccare chi avrebbe fatto resistenza, nonostante l’allontanamento di quasi 60.500 persone, tutte mandate in prigione, piano piano ripresero il loro posto nella città .